Mettere per qualche tempo un freno consapevole alle proprie sedute può avere dei vantaggi e rappresentare una strategia di reset che, nel tempo, darà i suoi frutti. Quella del rallentare e tornare veloci è infatti una tecnica utilizzata non a caso da tanti allenatori e atleti, anche i più forti al mondo. Sembra un paradosso ma è così. Daniele Vecchioni ci ha spiegato perché. La cosa fondamentale infatti non è correre veloce, ma sapere quando e come farlo. E prima di tutto è necessario essere bravi a correre piano.
Non farsi ossessionare dal ritmo
Anche da amatori, è normale desiderare di diventare più veloci. Purtroppo è questo il parametro su cui spesso oggi si misura il valore di un runner. Non voglio dire che gli amatori non dovrebbero puntare a migliorarsi, ma questo non deve essere l’unico obiettivo. Per chi corre per passione ci sono obiettivi più importanti, come raggiungere uno stato ottimale di forma fisica, salute e benessere e imparare a correre bene senza farsi male. A questo punto la maggiore velocità sarà solo il risultato soddisfacente di un buon programma di allenamento, ma ci si arriverà in modo sostenibile. Il problema è che spesso si saltano questi passaggi, puntando a un certo ritmo al chilometro ancora prima di saper correre e per farlo si ignorano dolori e si rischiano infortuni.
Occhio alla ripresa dopo uno stop
Ancora peggiore è la condizione di chi si ritrova a riprendere con il running dopo una pausa di settimane, mesi o addirittura anni. Questi corridori, spesso memori delle loro velocità prima dello stop, le ricercano quasi istantaneamente dopo aver ripreso l’attività, senza concedersi tempi di riadattamento. Questo è il risultato della mancanza di una sana cultura della corsa, specie in ambito amatoriale. Non solo quindi non dovrebbe stupire che la maggior parte dei podisti ogni anno si infortuni, ma bisognerebbe anche sapere poi che questi sono gli stessi runner che inevitabilmente si troveranno a fermarsi o a frustrarsi perché arrivati a un punto morto o perché il loro fisico, anziché migliorare, peggiora. Per evitare tutto questo il segreto sta nell’imparare a correre piano e a godersi le uscite.
Bassa intensità, la scelta corretta
Abbiamo detto dunque che rallentare e tornare veloci dopo è la scelta migliore. La soluzione sta nel ripartire dalle basi. Iniziare un lavoro, in media di 12 settimane, per investire sulla tecnica, la forza funzionale, la respirazione, la mobilità articolare, i piedi e tutti quegli aspetti che spesso vengono trascurati. Ovviamente c’è anche la corsa in sé e per sé, ma proprio qui sta il trucco: si tratta solo di running a bassa intensità. Allenarsi per un certo periodo solo a intensità basse permette al corpo di recuperare dallo stress indotto e accumulato dalle sedute seguite in precedenza. Del resto ogni allenamento, anche il più leggero, produce una certa dose di tensione che poi il corpo deve smaltire. Recupero è proprio la parola magica assente nel vocabolario di molti corridori che, ossessionati dall’andare sempre più veloci, approcciano ogni uscita come se fosse una gara e non inseriscono momenti dedicati alla ripresa. Questo è il compito della corsa rigenerante con respirazione nasale, metodologia regina per favorire sia il recupero sia l’ossigenazione dei tessuti e ideale per concentrarsi sulla frequenza cardiaca, sulla respirazione e sulla tecnica senza perdere il piacere di correre.
In conclusione
Ma quindi se si rallenta per 12 settimane poi si è in grado magicamente di raggiungere il personale? Questo risultato varia molto su base soggettiva. Accadrà però che avrete donato al vostro corpo un periodo di reset in cui trovare un suo equilibrio, smaltire lo stress, allenare e migliorare altri aspetti, fondamentali per quando potrete e vorrete (se lo vorrete) premere l’acceleratore. Per rallentare e tornare veloci.
Fonte : Correre.it