L’irregolarità del fondo è uno dei marchi di fabbrica della corsa in natura: mette alla prova muscoli, tendini ed equilibrio posturale. Ecco una carrellata su come le diverse superfici e le differenti situazioni condizionano il modo di correre off road.
Il prato
I prati hanno un’elevata capacità di ammortizzare l’impatto col suolo, di disperdere le forze di attrito e di ridurre le possibilità di stress. Il lavoro muscolare eccentrico qui è ridotto rispetto alla corsa su una superficie rigida come l’asfalto, rendendo l’attività su prato ideale per riprendere gradualmente dopo un periodo di stop. Per mantenere una velocità elevata bisogna cercare una frequenza maggiore rispetto alla corsa su superfici rigide.
In salita e in discesa
La corsa in salita esaspera l’utilizzo dei muscoli tricipiti, quadricipiti e dei polpacci. Il tendine di Achille è poi molto sollecitato in allungamento. Nella corsa in natura la discesa poi può risultare traumatica per via dei tempi di appoggio prolungati e degli effetti torsionali esasperati, dell’impatto della decelerazione sulla schiena, sui muscoli degli arti inferiori e su quelli paravertebrali. Ci può essere poi una maggiore incidenza di distorsioni dell’articolazione tibio-tarsica.
È necessario poi fare sempre molta attenzione in caso di discese particolarmente scoscese o col terreno molto irregolare. Non va mai abbassato il livello di attenzione visiva, per valutare il giusto appoggio del piede. Vanno inoltre evitate le discese in condizioni di marcato affaticamento o inefficienza muscolare, va controllata la velocità ed è necessario optare per un’ampiezza modesta del passo. Indispensabile, infine, scegliere sempre scarpe che garantiscano la stabilità dell’appoggio.
Attenzione al buio
La vista è ovviamente un senso molto importante per la locomozione e, inoltre, invia al sistema nervoso centrale informazioni spaziali per correggere l’assetto del corpo e ottimizzare la traiettoria della corsa in natura. Chi è abituato a correre in condizioni di luce scarsa (chi, ad esempio si allena la mattina presto o la sera tardi) è meno penalizzato rispetto a chi si allena solo occasionalmente in situazioni di poca illuminazione.
Correre con una buona luce riduce il rischio di infortuni, in particolari distorsioni di caviglia e ginocchio. Con una scarsa illuminazione la corsa in natura e il movimento in generale tendono a farsi, per difesa, più radenti e meno aerei, cercando inconsciamente una superficie di appoggio sicura.
Vanno quindi sempre ricercati condizioni con una luce ottimale: il movimento sarà più redditizio, i tempi di appoggio si riducono in virtù di meccanismi riflessi più efficienti. Si tende, infine, a spingere maggiormente di avampiede.
Luca De Ponti (articolo tratto dalla rivista Correre)